Elizabeth II, l’ultima Regina

“Io dichiaro davanti a voi tutti che la mia intera vita, sia essa lunga o breve, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale alla quale tutti apparteniamo” affermò in un discorso radiofonico indirizzato al Commonwealth il giorno del suo ventunesimo compleanno. Con settant’anni di reggenza festeggiati lo scorso giugno su novantasei di vita, Sua Maestà si è aggiudicata il titolo di sovrana più longeva d’Inghilterra oltre che del regno più duraturo della storia, secondo solo ai settantadue del Re Sole. Impregnata di senso di responsabilità e compostezza fin da bambina, mentre pronunciava queste parole era ancora la Elisabetta designata erede al trono dieci anni addietro, quando suo zio Edoardo VIII abdicò lasciando scettro e corona al fratello minore.

Affabile e disciplinata, conservatrice e versatile, silenziosa e tenace, the Queen è stato il collante attorno al quale si muovevano i membri della famiglia reale e la cui vita si è intrecciata con alcune delle personalità più emblematiche del novecento di cui lei era l’incarnazione plastica, come i presidenti John Fitzgerald Kennedy e Nelson Mandela, la lady di ferro Margaret Thatcher e il primo ministro Winston Churchill che restò stupito da una futura regina di appena due anni. “Ha un’aura di autorità e di riflessività sorprendente per un’infante” ebbe a dire della piccola Lilibet che si adatterà al suo ruolo prima ancora di essere incoronata nel 1952 a seguito della morte del padre Re Giorgio VI. Baluardo di un secolo che si chiude definitivamente con lei, non poteva non scatenare l’immenso tributo collettivo che le è stato reso.

Il nome Elisabetta II lo scelse lei stessa, decisa a non cambiare il suo nel salire al trono. È  stata grintosa custode della costituzione in un’epoca di grandi cambiamenti, senza perdersi d’animo nei momenti più spigolosi nei quali ha rivelato spiccate doti di mediazione, dalla disgregazione dell’impero al coinvolgimento di familiari in vicende incresciose fino alla Brexit. Quel suo non vacillare ed essere inarrestabile di fronte alle difficoltà trasmettendo un senso di stabile tranquillità ha fatto di lei un grande esempio di guida basato su persistente concretezza, fiducia nel futuro e stoicismo, fondendo la sua immagine con quella della monarchia stessa. Un potere calmo, solido, gentile ma fermo e privo di quell’ego che non le faceva gradire i trattamenti da super star, fatto di lavoro sodo dai tempi del volontariato in guerra come autista e meccanico.

Con lei se ne va quell’idea di regalità fatta di contegno sobrio, eleganza modesta e riserbo che l’hanno sempre contraddistinta. E a corte la forma è sostanza, si sa. Lo stile inconfondibile della regina fa parte del suo mito, fatto di mise monocromatiche ton sur ton con il cappello, décolleté nere sostituite talvolta dai mocassini, neri anche loro come le rigorose borsette Launer al braccio che dichiaravano autonomia pur stentando a credere che contenessero il nécessaire. Tripla fila di perle al collo in pendant con gli orecchini, spille del tesoro della corona da capogiro sulla sinistra, e all’occorrenza le tiare più iconiche al mondo sulla testa. Niente acconciature, un filo di makeup realizzato con le sue mani e rossetto sgargiante come vezzo irrinunciabile. Il marchio di fabbrica ER II comprende anche uniformi militari e tenute rilassate di stivali di gomma, gonne in tartan e foulard nella residenza scozzese di Balmoral, dove l’attitudine per le attività all’aperto era il test per selezionare gli ospiti che avrebbero trascorso l’estate con lei, i cavalli e i suoi amatissimi corgi. E lì che è mancata il pomeriggio dell’otto settembre.

Come non ricordarla l’anno scorso accanto al feretro del marito, da lei stessa appellato come il sostegno di una vita, ripiegata nella solitudine di un cordoglio profondo segnato da qualche inusuale lacrima inghiottita a stento. È stata la prima volta che la sua corazza inossidabile ha ceduto in pubblico, svelando l’umanità di una donna affranta dal dolore. E quest’anno, alle celebrazioni del giubileo di platino dove, sorretta dal suo bastone, ha preso parte a tutto quello che le condizioni di salute le hanno concesso dalla parata militare Trooping the Colour di apertura all’apparizione finale sul balcone di Buckingham Palace, circondata dai suoi successori Carlo, William e George. Ci aveva quasi abituati all’idea di essere eterna.

“L’Inghilterra si aspetta che ogni uomo faccia il suo dovere” fu il segnale inviato dall’ammiraglio Nelson a tutta la sua flotta mentre la battaglia di Trafalgar stava iniziando, la stessa in cui perse la vita. Tradire quelle aspettative per Elisabeth Regina non è mai stata un’opzione. God Save the Queen anzi, the King.

Articolo a cura di Claudia Chiari

XOXO
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