Ruolo dei Giovani nella società del presente e del futuro

Intervista a Maria Cristina Pisani, Presidente Consiglio Nazionale dei Giovani

In un momento di grande crisi sociale, economica, morale e soprattutto in una fase difficile in cui si contano le vittime e i malesseri diffusi, causati da una pandemia che nessuno si aspettava, le eccellenze si mettono in mostra e impostano la rinascita del Paese. Questo è il segnale che sta inviando il Consiglio Nazionale Giovani (CNG) rendendo i giovani protagonisti della politica e non solo più spettatori, con l’intervista alla Dottoressa Maria Cristina Pisani, Presidente del CNG parleremo proprio del ruolo delle nuove generazioni nella società del presente e del futuro.

Buongiorno dottoressa Pisani e grazie per questa preziosa intervista. Lei è presidente del CNG il “Consiglio Nazionale Giovani”, ci parla delle funzioni primarie di questo organo e della sua importanza strategica nella società di oggi?

Il Consiglio Nazionale dei Giovani è stato istituito con la legge di Bilancio 2019 e nasce dall’esperienza quindicennale del Forum Nazionale dei Giovani che aveva tra i suoi obiettivi statutari proprio l’istituzione di un Consiglio Nazionale per il riconoscimento istituzionale della rappresentanza giovanile, come accade, d’altronde, nel resto dei Paesi d’Europa. Oggi quindi il CNG è l’organo consultivo cui è demandata la rappresentanza dei giovani nella interlocuzione con le Istituzioni per ogni confronto sulle politiche che riguardano il mondo giovanile. Come organo consultivo il CNG può essere consultato dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dall’Autorità politica delegata, esprimendo pareri e formulando proposte su atti normativi di iniziativa del Governo su materie che interessano i giovani, promuovendo il dialogo tra le istituzioni e le organizzazioni giovanili, favorisce il sostegno alla cittadinanza attiva dei giovani, per questo supportiamo l’attività delle associazioni giovanili, favorendo lo scambio di buone pratiche e incrementando le reti. Il CNG partecipa, altresì, ai forum associativi europei e internazionali incoraggiando la comunicazione, le relazioni e gli scambi tra le organizzazioni giovanili dei diversi Paesi.

Che impatto ha avuto la pandemia di COVID-19 sui giovani italiani? Cosa prevede per il “nostro” (mi metto dentro anche io tra i giovani Italiani) futuro? I giovani come stanno reagendo a questa situazione? 

Nel nostro Paese l’emergenza sanitaria e la conseguente crisi socio-economica avranno ricadute inevitabili sui giovani che, purtroppo, rischiano di pagare un costo altissimo. Prima della crisi attuale, già alcuni significativi cambiamenti sono intervenuti negli ultimi anni in modo trasversale: dalla sempre più pervasiva digitalizzazione del mondo del lavoro alla precarietà degli spazi occupazionali anche in conseguenza dei processi di innovazione tecnologica globale. Allo stesso tempo, il sistema di istruzione e formazione non è stato adeguato alle nuove richieste delle imprese creando difficoltà di accesso al mondo del lavoro a molti giovani e, più in generale, a coloro che sono in cerca di un nuovo impiego. In più, le giovani generazioni si sono ritrovate a vivere due crisi senza precedenti in poco più di dieci anni, prima quella del 2008 e ora l’attuale crisi che con l’ulteriore e inevitabile aumento del nostro debito pubblico, rischia di provocare conseguenze ancora più devastanti, mettendo in pericolo le prospettive di tante ragazze e ragazzi, i loro percorsi formativi e occupazionali, i loro progetti di vita.

Per la prima volta il governo ha ascoltato i giovani tramite la voce del CNG. Questo è un momento importantissimo per la nostra storia politica, quali proposte sono emerse dall’incontro a Villa Pamphili?

 Il momento che stiamo vivendo rappresenta un’occasione storica per consentire ai giovani di partecipare in modo pieno e diretto alla ricostruzione del Paese. Abbiamo rappresentato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte la necessità di un confronto strutturato attraverso un processo sistematico di ascolto dei giovani che dovranno farsi carico del peso economico delle misure messe in atto. La scommessa che insieme siamo chiamati a vincere è quella di costruire le basi per lo sviluppo del nostro Paese, che non può non passare dal coinvolgimento di chi dovrà governarlo e abitarlo. Per questo abbiamo chiesto un intervento legislativo organico sulle politiche per le giovani generazioni anche perché a causa dell’ennesima crisi una nuova ondata di under 35 è pronta a emigrare, e abbiamo chiesto di liberare nuove energie contrastando le rendite esistenti per impedire che molti di loro cumulino pensioni da fame, conseguenza di carriere discontinue, part time involontari e salari bassissimi. Il nostro Paese ha bisogno di nuove politiche economiche anche perché rispetto alle generazioni di trent’anni fa i redditi dei giovani si sono ridotti del trenta per cento. Nello specifico abbiamo sottoposto al Governo alcune proposte: valorizzare i tanti giovani italiani emigrati all’estero che non sono stati adeguatamente sostenuti in questi anni e che avrebbero tutte le capacità di contribuire al rilancio dell’Italia; definire un nuovo patto sociale per le giovani generazioni rafforzando strumenti di lotta alla precarietà, favorendo un nuovo confronto sulla pensione di garanzia per i giovani; sostenere la digitalizzazione e l’innovazione dei processi educativi e lavorativi; investire nella formazione e nell’orientamento; istituire un obbligo di valutazione dell’impatto generazionale per ogni legge e provvedimento pubblico.

Come possono i giovani, secondo Lei, superare la paura di fare politica? In questo momento servono grandi cambiamenti pensa che ci siano i presupposti per una rinascita sociale e politica?

Non credo sia paura di fare politica. Credo invece sussista una sfiducia nelle istituzioni e nella politica. Questa sfiducia è seguita sicuramente alla crisi dei corpi intermedi, strumenti indispensabili per il funzionamento di ogni democrazia e che, nel corso degli anni, hanno reso possibile un rapporto strutturato tra decisori politici e la molteplicità di interessi ed esigenze della società civile. Per questo stiamo lavorando per favorire un nuovo ruolo delle organizzazioni e associazioni giovanili come strumenti indispensabili per incrementare la partecipazione, il coinvolgimento alle sfide e ai cambiamenti repentini di un mondo globalizzato come è quello in cui viviamo oggi. I presupposti dunque per una rinascita sociale e politica del Paese risiedono nella necessità di rimettere al centro i giovani nei processi non solo decisionali ma anche e prima di tutto in quelli partecipativi.

Come si esce da un momento così buio dove i valori vacillano e le certezze per il futuro sono sempre meno? I politici stanno capendo l’importanza del ruolo dei giovani nella società?

Per ritrovare fiducia e speranza nelle prospettive future del nostro Paese è indispensabile restituire ai giovani un ruolo centrale e permettere loro di essere protagonisti del rilancio sociale italiano. Per questo è importante, oggi più che mai, che possano partecipare al dibattito pubblico e al confronto con le istituzioni a vari livelli. Per fare questo, tuttavia, hanno necessariamente bisogno che soprattutto la politica e le istituzioni rivedano e riconsiderino il loro ruolo nella nostra società, nella consapevolezza che le scelte che faremo oggi avranno ricadute sul loro futuro. E’ un presupposto indispensabile per scongiurare il rischio che, per l’ennesima volta, i giovani si trovino relegati a un ruolo di mera comparsa e per creare nuove opportunità di inserimento sociale soprattutto nelle diverse aree del Paese dove mancano spazi di crescita professionale e personale. Ci vuole però coraggio e audacia e la consapevolezza della politica che l’entusiasmo e le capacità dei giovani sono fattori indispensabili per favorire la ripresa del Paese.

Che ruolo attivo dovrebbero avere i giovani nella nostra società? Quanto influisce l’istruzione e l’educazione sulle scelte e su usi e costumi dei ragazzi? Che cosa si potrebbe migliorare?

Il nostro Paese fa sempre più fatica a favorire un ruolo attivo delle giovani generazioni che rispetto ai coetanei europei, con pari titolo di studio, sono in maggior numero disoccupati o sottopagati. Elevato in Italia è anche il numero dei Neet, giovani che non lavorano, non studiano e non seguono nessun corso di formazione. Si parla del 68% dell’intera popolazione giovanile, circa 7 milioni. Sicuramente l’educazione e la formazione sono fattori determinanti nella transizione dei giovani nel mondo del lavoro e dunque influiscono sulle abitudini di vita, sui comportamenti e sul loro ruolo all’interno della nostra società. Tuttavia, il problema formativo affonda le radici in nostre debolezze storiche: un’istruzione distante dal mondo del lavoro; scarsi finanziamenti al sistema del diritto allo studio universitario e della ricerca; un sistema imprenditoriale ancorato a modelli produttivi poco innovativi e incapace di assorbire nuove competenze. Le disuguaglianze economiche e sociali sono allo stesso tempo causa ed effetto della povertà educativa che è correlata molto di frequente a un accesso diseguale al diritto all’istruzione per bambini ed adolescenti. Per questo è necessario riformare diversi aspetti del sistema formativo, già dagli anni della scuola dell’obbligo, legando fondi e programmi al raggiungimento di risultati concreti, tangibili e misurabili, favorendo anche le esperienze di carattere non formale. L’Italia è, infine, chiamata ad adeguarsi al contesto europeo favorendo il riconoscimento dell’educazione non formale e la definizione chiara di un quadro di riferimento per lo Youth Work che rappresenta anche un settore lavorativo in costante crescita e sviluppo.

Perché chi apre una start-up all’estero viene visto come un innovatore, come una persona di grande valore e molto ambiziosa e in Italia invece si pensa subito che non potrà fare successo e che se lo farà sarà principalmente grazie alle conoscenze personali? Che cosa si può fare per cambiare questa mentalità e aiutare sempre di più i giovani che hanno voglia di fare e soprattutto di investire nel nostro Paese a non scappare all’estero?

Da anni registriamo nel nostro Paese un incremento del numero di giovani che intendono avviare start-up seguendo i cambiamenti intervenuti di recente nel mondo del lavoro. Tuttavia, ogni giorno, devono fare i conti con iter burocratici complessi che li portano a trasferire la loro idea di impresa all’estero, dove le procedure sono più semplici ma soprattutto esiste un investimento strutturato nella cultura d’ impresa. E’, in tal senso, importante che il nostro Paese inizi ad investire su un piano di rilancio dell’imprenditoria giovanile che può realmente offrire diversi sbocchi lavorativi soprattutto ai ragazzi neodiplomati e neolaureati in cerca di prima occupazione. Anche perché in assenza di nuove opportunità l’ascensore sociale in Italia continuerà a scendere anziché a salire. Le statistiche degli ultimi anni riguardanti l’accesso alle professioni e al mondo del lavoro diffuso, offrono preoccupanti spunti di riflessione che evidenziano come ormai solo pochi giovani dichiarano di aver migliorato il proprio status sociale se comparato a quello della propria famiglia d’origine. Per questo, per evitare che il nostro diventi il Paese dei giovani in fuga, è necessario creare le opportunità per sperimentare e innovare nuove professioni, per consentire a ognuno di loro di realizzare percorsi lavorativi e di vita nel nostro Paese e non altrove, per scongiurare una perdita di capitale umano enorme che l’Italia non può più permettersi.

a cura di Riccardo Banfo

 

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AttualitàMaria Cristina PisaniPresidente Consiglio Nazionale dei Giovani

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