Sondaggi: la validità non è un punto di vista

I sondaggi vanno di moda. Quante risultati di sondaggi si sentono e leggono sui mass-media. “Il 30% degli italiani pensa che”, “Il partito X ha guadagnato 5 punti”, “Il partito Y ha perso 3 punti”. Il sondaggio mira a descrivere le caratteristiche di una popolazione, prendendo come base di riferimento una parte di essa, ovvero un campione. Affinché un sondaggio sia valido, però, deve avere caratteristiche specifiche e non negoziabili.

I sondaggi si distinguono in scientifici e non scientifici, a seconda del metodo di campionamento utilizzato. Semplificando di molto la questione, vi sono campioni probabilistici, come il campione statistico casuale. Le unità che lo compongono sono estratte con criteri casuali e, nello stesso tempo, ogni elemento della popolazione di riferimento ha probabilità di essere incluso. Per esempio, nel fare uno studio degli albergatori in Piemonte, si ha a disposizione l’elenco completo di tutti gli albergatori che risiedono e lavorano nella regione in questione e si identificano a caso quelli da includere nell’analisi.

Vi sono invece campioni statistici non probabilistici, dove non si analizza o non si ha a disposizione la lista completa di ogni elemento della popolazione di riferimento. Si sceglie, invece, di studiare un gruppo di individui che, si crede, possano riflettere la popolazione di riferimento. I sondaggi d’opinione sono di questo tipo, ma affinché abbiano valore è fondamentale che siano costruiti su campioni rappresentativi. In particolare, si ritiene che un numero campionario di 1000 soggetti possa rappresentare le intenzioni degli italiani a patto che in esso vengano rappresentate: le diversità di genera, di fasce d’età, di appartenenza geografica, di appartenenza censuaria e di grado d’istruzione.

Va poi tenuto conto del fatto che i sondaggi sono spesso fatti per telefono e che in molti non rispondono, con la conseguenza che per arrivare a un campione rappresentativo servono migliaia di telefonate. E questo ha costi elevati.  Non da ultimo, come hanno emblematicamente spiegato Daniel Kanheman e Amos Tverski, il modo in cui le domande sono formulate può influenzare le risposte. Un conto è chiedere ‘quale politico preferisce tra A, B e C’, un altro è domandare ‘Si dice che il politico A stia riscuotendo parecchio successo. Secondo lei tra A, B e C chi riceverebbe più voti se ci fossero le elezioni?”.

In sintesi: stiamo attenti a non dare peso eccessivo a risultati di sondaggi dove non viene specificato chiaramente quale sia il campione di riferimento, come sia stato stratificato e che domande sono state poste.  Scott Adams ricordava simpaticamente che “63 statistiche su 100 sono inventate. Compresa questa”.

Al di là dell’ironia, però, i risultati dei sondaggi possono influenzare voti e, in generale, opinioni e azioni. Questo comporta serietà nel farli e presentarli, nonché un forte pensiero critico nel valutarli.

 a cura di Sara Rubinelli

Docente Scienze della Comunicazione Univ. di Lucerna

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