Le imprese fra selezione darwiniana e nuovi strumenti di finanziamento

Tutte le forme di vita rispondono alle pressioni dell’ambiente in cui vivono e si adattano, evolvono dal punto di vista biologico. Oppure muoiono. L’evoluzione di noi esseri umani invece dimostra che ad un certo punto l’evoluzione biologica è passata in secondo piano rispetto all’evoluzione culturale, vale a dire la capacità di saper trasferire ai propri discendenti un patrimonio di conoscenze sempre più ampio e raffinato acquisito dalle generazioni precedenti. Non stiamo introducendo un documentario naturalistico ma ci accingiamo a parlare di finanza d’impresa. Tutte le innovazioni all’inizio richiedono sperimentazioni, avvantaggiano i pochi che ne hanno il possesso ma spesso diventano con gradualità patrimonio comune. Ciò accade in natura come nelle sovrastrutture create dagli esseri umani, quale il mondo della finanza è di fatto.

Evoluzione come risposta ad una pressione ambientale significa, nel caso che si va ad illustrare, rendere una soluzione disponibile a una platea di fruitori sensibilmente più ampia grazie al crearsi di condizioni che la rendano non più esclusiva, a beneficio di pochi, ma inclusiva, cioè alla portata di chi prima ne era escluso. È quanto accaduto quando nel 2012 il Governo italiano ha introdotto la disciplina dei Minibond come strumento per consentire alle imprese non quotate in borsa di finanziarsi sul mercato.

Sotto una certa luce, i Minibond sono la reazione al “credit crunch” susseguente la crisi finanziaria del 2009. Le ingenti perdite subite, hanno costretto le banche la corsa alla ripatrimonializzazione. L’effetto è stato la riduzione dell’offerta di credito e la stretta sul merito creditizio. Le aziende italiane, da sempre legate al credito bancario ordinario anche per le operazioni straordinarie, si sono trovate in grosse difficoltà nel mettere in atto programmi di crescita e sviluppo, in una fase congiunturale già di per sé drammatica. Grazie all’emissione di Minibond, tutte le società di capitali, PMI incluse, oggi possono finanziarsi direttamente sul mercato, senza gravare sull’esposizione verso le banche. Fondamentale è diventato il ruolo dei c.d. arranger, le società che su incarico delle aziende emittenti strutturano e provvedono al collocamento presso gli investitori istituzionali.

A questo proposito, secondo i dati dell’Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano, nel 2019 Banca Finint ha brillato tra gli arranger con 33 emissioni e un totale di € 190,44 milioni raccolti a beneficio delle aziende emittenti. Il dato annuale non è però effimero: se consideriamo il cumulato delle operazioni censite dal 2012, anno di inizio di questo mercato, Banca Finint ha orchestrato emissioni per ben € 861 milioni su un totale di € 5.500 milioni al 31.12.2019.

Sotto la prospettiva degli emittenti, è confortante rilevare il gradimento dello strumento Minibond da parte delle PMI con € 344 milioni emessi su 1.183 milioni nel corso del 2019. Ancor più rilevante è il numero di emissioni a cura di PMI: ben 93 emissioni, pari al 45% del controvalore emesso in Minibond sono avvenute per un valore non superiore a 2 milioni di euro. Vale a dire molto meno di quanto le aziende ottengono per un classico finanziamento chirografario, mutuo o leasing. Se consideriamo che lo studio del Politecnico ha elaborato i dati limitatamente ad emissioni fino a 50 milioni di euro, risulta evidente come lo strumento Minibond abbia ancora notevoli prospettive di sviluppo, con un trend dal 2012 in crescita costante.

A conferma di ciò, il dato aggiornato relativo al primo semestre 2020 vede, secondo i dati resi noti il 18 giugno 2020 dall’Osservatorio Minibond, 86 emissioni conto le 50 del 2019 e € 270,55 milioni raccolti contro € 220,80 del 2019. L’effetto Covid-19 sarà giudicabile con i dati di fine anno, ma a questo punto e con questo trend a metà anno, sarà lecito attendersi qualche bella sorpresa. È auspicabile che le riflessioni indotte dagli effetti post Covid-19 nei CdA delle imprese, possano dare ulteriore impulso allo sviluppo di questo strumento di crescita e una spinta verso una finanza d’impresa più matura. Più evoluta, appunto.

Per il report completo www.osservatoriominibond.it

a cura di Stefano Barbieri – Corporate Banking Specialist

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