Il curioso caso di William Bradley Pitt

Tutto ebbe inizio con una maglietta bianca arrotolata e un cappello da cowboy in “Thelma & Louise”. Il resto è storia, quella di un’icona. Sì perché Mr. Pitt è davvero una fashion icon, non solo per i look sfoggiati sui red carpet ma anche per i costumi di scena entrati nell’immaginario collettivo: le indimenticabili bretelle di “Seven”, la camicia sbottonatissima di “Vento di passioni” e quella hawaiana anni ’70 di “C’era una volta a Hollywood”, la pellicola che gli ha valso l’Oscar, gli abiti con papillon e le divise militari di “Allied” e “Bastardi senza gloria”. E’ passato dagli outfit emblematici di “Fight Club” a base di eco fur, canotte e fisico scolpito ai completi sartoriali in “Vi presento Joe Black”, dal Miami style di “Ocean’s Eleven” con completo bianco che esalta l’abbronzatura, alla modalità rockabilly, per chi se la ricorda, in “Johnny Suede”. Dannato in “Kalifornia”, pazzo in camicia di forza ne “L’esercito delle 12 scimmie” e ipnotizzante nel ruolo di Achille in “Troy”. La rivista People lo ha proclamato uomo più sexy del mondo per due volte, un po’ come a ribadire l’ovvio.

Un passo oltre le apparenze, offre un mondo da scoprire. Ha dato vita insieme a Brad Gray e Jennifer Aniston, all’epoca sua moglie, alla società di produzione Plan B Entertainment che ha rilevato interamente dopo il divorzio dalla Aniston. L’inizio è stato brillante con “La fabbrica del cioccolato” e Brad ci tiene alle produzioni artistiche: “Posso scegliere progetti ambiziosi, magari perfino difficili da realizzare, in cui gli altri non si sentono di investire, ma in cui io credo”. Oggi la Plan B vanta una filmografia di tutto rispetto fra cui tre statuette al miglior film, quali “The Departed”, “12 anni schiavo” e “Moonlight”.

“Per me è importante evolvere nel tempo. Mi piacciono le sfide e mi stanco a fare sempre le stesse cose. Fa sempre piacere ricevere un riconoscimento, anche se l’importante è non fermarsi mai, continuare a lavorare con la stessa passione e lo stesso interesse” racconta. Ed effettivamente negli ultimi anni ha dato sfogo alla poliedricità, a partire dallo champagne rosé Fleur de Miraval. Per dirla tutta porta il nome del vigneto della discordia, quello acquistato con Angelina Jolie dove erano convolati a nozze alla presenza dei figli, tre adottivi ed altrettanti biologici, prima di separarsi nel 2016 con un divorzio senza fine. Ma evitiamo di scivolare sul gossip della coppia più bella di Hollywood, quasi troppo totemica per essere vera, e passiamo oltre. La grande novità a Château Miraval è un’altra: gli storici studi di registrazione, usati da leggende come Pink Floyd, AC/DC e Sting, sono tornati a vivere ad opera di Brad e del produttore discografico francese Damien Quintard che li hanno ridisegnati in un connubio fra tecnologia d’avanguardia, natura e storia.

Nelle sue esplorazioni, Pitt ha investito sull’energia da fusione fredda con Industrial Heat, visto l’amore per la natura e i suoi ricordi di ragazzo dell’Oklahoma cresciuto nel Missouri di paesaggi che sono un incrocio della terra di Mark Twain e dei suoi film “In mezzo scorre il fiume” e “L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford”. E anche sull’industria della bellezza: del resto non avrebbe lanciato la sua linea Le Domaine “se non avessi notato visivamente una reale differenza nella mia pelle” citando le ricerche sulle uve del vigneto francese da cui è ricavata e del quale è proprietario.

Del suo puntare sullo stile ne ha fatto anche un business, lanciando insieme ad un’amica God’s True Cashmere, specializzato in capi di lusso realizzati in Italia. Del resto a tagliare il nodo gordiano sul dibattito dell’eleganza maschile ci ha pensato lui stravolgendo le regole del red carpet in occasione di “Bullet Train”, con una gonna di lino e abiti a metà fra il comodo e la tuta, servendo cromatismi inaspettati dal verde geco al rosa bubblegum in perfetta tendenza #Barbiecore e in linea con il suo spirito anticonformista. Nella nuova era dello stile Brad Pitt c’è persino il Dna Gen Z: sessant’anni a dicembre e un curioso caso di ringiovanimento come il suo personaggio Benjamin Button.

Perché in fondo Brad è così. Ha scritto un paradigma passando per la sua rinascita: ha risposto col silenzio alle pubbliche accuse di abuso di alcol ed eccessi d’ira, ha riconosciuto le sue colpe e le ha rielaborate. Sarebbe potuto bastare molto meno per far crollare la sua leggenda. E poi si è ripresentato: un gentlemen affabile, ironico e autoironico sul suo essere single e sugli anni che passano. “Lo devo aggiungere al mio profilo Tinder” ha commentato guardando la statuetta dei SAG Awards, o ancora “Sono vecchio. Non mi ricordo più la prima regola del Fight Club”. Sempre genuinamente se stesso e sempre convincente.

Ah quasi dimenticavo. Happy birthday Brad!

Articolo a cura di Claudia Chiari

XOXO
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