Evoluzione del concetto di bellezza nel corso dei secoli

Non è facile parlare di bellezza. A volte essa può rappresentare un concetto vago, facile preda di discussioni da bar, o di contro di approfonditi concetti filosofici spesso intrisi di agganci religiosi. La bibliografia sull’argomento è sterminata, ed appare pertanto corretto iniziare con una definizione di bellezza, ammesso che tale definizione esista…

Nefer neter, scrivevano gli Egizi nelle loro invocazioni, ovvero bello perfetto, associando la bellezza alla perfezione, bello perfetto, era il faraone incarnazione del dio sulla terra. Furono proprio gli Egizi, i primi a dedicare un’attenzione a volte maniacale al proprio corpo, inventando i profumi, impalpabili come l’anima ba, con l’utilizzo di estratti da moltissime piante, ed utilizzando diversi prodotti cosmetici quali il kohol di colorito nerastro, perché derivato dal piombo, per truccarsi gli occhi con il duplice effetto estetico e protettivo.

Abbiamo pertanto già un abbozzo di definizione, la bellezza associata alla perfezione, ed i due termini considerati alla stregua di sinonimi, un concetto che verrà poi ripreso dagli scultori greci. Preso così, il tutto appare abbastanza sterile, necessitando pertanto di un approfondimento. San Tommaso D’Aquino, uno dei Dottori della Chiesa, ci viene incontro con una straordinaria definizione di bello, “Bello è ciò che piace, perfetta fusione di visione e gaudio”. Ecco quindi che vengono giustamente prese in considerazione, le sensazioni soggettive, concetti poi ripresi da Immanuel Kant (1724-1804) con i suoi studi sull’Estetica ed una maggiore attenzione al coinvolgimento dell’intelletto e dell’immaginazione, ed in sostanza del proprio Io, alle sensazioni esterne.

La bellezza è ciò che piace, senza finalità o interessi, ciò che da piacere senza necessariamente cercare uno scopo. Tuttavia, proprio il coinvolgimento soggettivo, fa si che ci possano essere contrasti, non solo fra chi ad esempio trasforma il sentimento in immagine, come un artista, ma anche tra i fruitori dell’opera stessa, quello che oggi chiameremmo pubblico, con opinioni diverse sulla stessa rappresentazione. Appare pertanto evidente che, proprio perché condizionato da variabili soggettive, il bello, od il presunto tale, possa non piacere a tutti nello stesso modo.

Quante volte davanti ad un’opera d’arte, od un’opera cantieristica, si sentono pareri a volte totalmente discordi, quando invece si pensava di udire solo lodi sperticate… bello perfetto dunque. Questa similitudine si protrarrà per secoli, in epoca classica associandola al coraggio, l’equilibrio, la volontà interiore, creando il mito dell’Atleta uguale alla Divinità, con un corpo armonico, proporzionato alla figura intera, concetto che troverà in Fidia, Policleto e Mirone i suoi paladini.

Guerre, invasioni, pestilenze, tutte le calamità, portano inevitabilmente a bruschi sconvolgimenti, anche culturali, che tendono a considerare superfluo, ciò che non è un bene primario, ed anche la bellezza gioco forza, ne risente, sempre. Ma ad ogni calamità, segue inevitabilmente una rinascita. In epoca feudale, dopo le invasioni barbariche, i menestrelli cantano lodi alle cortigiane, creando personaggi di fantasia, alle quali le madamigelle cercano di adattarsi rendendo concrete, quelle che erano solo rappresentazioni immaginarie.

Ecco quindi un fenomeno interessante, che verrà poi ripreso in epoca moderna. Il gusto personale, viene soppiantato da un canone da seguire, si creano così le prime mode, ed i primi modelli da imitare. Anche qui peraltro, nulla di nuovo, già millenni prima, Nefertiti, la celebre moglie del faraone scismatico Akhenaton, adottò un preciso “look” ben presto imitato a corte e che possiamo dedurre dal celebre busto conservato al Museo di Berlino. I canoni estetici comunque, come si è visto, sono sempre stati mutabili nel tempo, si può dire che un concetto assoluto di bellezza sia in buona sostanza, praticamente impossibile.

 In epoca rinascimentale, la donna con i fianchi prosperosi e gli addomi pronunciati, la cosiddetta bellezza botticelliana, era segno di salute e prosperità, periodo questo, associato anche ad una non velata discriminazione razziale, con il biondo e le pelli chiare di Svevi e Normanni, additati a canoni da seguire. Biondi appaiono quindi madonne ed angeli, ed il colore biondo viene cercato dalle donne. In pieno Romanticismo, ecco invece, che emergono complessità interiori di uomini e donne, con il vero che diventa soggetto dell’arte, ed una attenzione ritrattistica, questa volta, anche per i ceti meno abbienti.

Si scopre così la bellezza nelle sartine, le lavandaie, i pescatori, ed accanto ai modelli estetici femminili, ecco che sorprendentemente si fa avanti anche un modello maschile, non associato alle poderose masse muscolari dell’epoca greca.Ugo Foscolo, George Gordon Byron, si ergono a paladini di un Uomo tenebroso, tormentato, a volte con una vita godereccia e trasgressiva, introverso, idealista, sempre alla ricerca di un qualcosa. Bello perfetto. Un ideale raramente raggiungibile, qualcuno ci provò con il mito della razza ariana, associato ad un concetto di razza superiore, in epoca antica identificata ad esempio con i Mitanni, ed in epoca più recente con un preciso connotato antisemita o meglio antiebraico.

Bellezza, involucro senza contenuto? La risposta è no, il fatto stesso che il bello susciti una miriade di sensazioni, depone per il fatto, che in fondo siamo noi stessi a cercare il contenuto in ciò che a noi esteriormente appare bello, sia esso un corpo umano vivente od un’opera d’arte, per scatenare in noi la perfetta fusione di visione e gaudio, come ben diceva San Tommaso. Ecco dunque che cercare la bellezza, appare quasi una sfida, in cui ci piace immergerci, per scatenare un turbinio di risposte alle nostre domande, il che ci fa sentire vivi, diffidando però di seguire, od imitare canoni estetici grossolanamente artefatti o semplicemente irrealizzabili.

a cura del Dott. Edward R. Battisti

Medico Chirugo Specialista in Chirurgia Plastica

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